1^ Rappresentazione Milano, Regio Teatro Ducale, 26 Dicembre 1772
PERSONAGGI e INTERPRETI della PRIMA RAPPRESENTAZIONE
Lucio Silla, dittatore Tenore Bassano Morgnoni
Giunia, figlia di Caio Mario e promessa sposa di Cecilio Soprano Maria Anna De Amicis
Cecilio, Senatore proscritto Soprano Venanzio Rauzzini
Lucio Cinna, patrizio romano, nemico occulto di Lucio Silla Soprano Felicita Suardi
Celia, sorella di Lucio Silla Soprano Daniella Menci
Aufidio, tribuno, amico di Lucio Silla Tenore Giuseppe Onofrio
Guardie, Senatori, Nobili, Soldati, Popolo, Donzelle
TRAMA
ATTO PRIMO
A Roma (l’anno 79 a.C.): un solitario recinto di alberi presso il Tevere, con rovine di palazzi e in lontananza il Quirinale. Cecilio, giovane senatore proscritto e tornato in gran segreto, aspetta l’amico Lucio Cinna, patrizio nemico occulto del dittatore Silla, e da lui che sopraggiunge apprende come Silla abbia deciso di sposare Giunia, moglie del proscritto di cui è stata diffusa la falsa notizia de1la morte. Cecilio inorridisce e accetta il consiglio dell’amico, di cercare di incontrare la moglie presso la tomba del padre. Quindi Cinna lo esorta a combattere con lui per la libertà dì Roma. Solo, Cecilio non vede l’ora di riabbracciare Gìunia. Negli appartamenti del palazzo di Silla destinati a Giunia, adorni delle statue delle grandi donne romane. Alla presenza delle guardie, il dittatore Lucio Silla parla dell’amata Giunia con sua sorella Celia, innamorata di Cinna, e col tribuno Aufidio ricevendo consigli di violenza dall’uno ma inviti alla mitezza dall’altra che promette di intercedere per lui e poi esce. Aufidio partecipa mellifluamente alla costernazione di Silla, che vedendo venire Giunia allontana il tribuno. Alla donna il tiranno chiede la ragione di un comportamento sempre luttuoso e ostile, e lei risponde di odiare un empio come lui, amando sempre quel morto Cecilio che il padre Mario le aveva scelto come marito. Silla si sdegna, ma Giunia si concentra e rivolgendosi al padre e al marito scomparsi, chiede che vengano a prendere anche lei prossima a morire e annuncia a Silla l’orrore del rimorso. Uscita Gìunia, Silla si sente combattuto fra l’amore e il desiderio di vendetta, e comunque avverte che ogni suo senso sfocia nel furore. In un magnifico atrio piuttosto scuro che porta alle tombe sotterranee deg1i eroi romani, Cecilio contempla gli effetti della morte, e vedendo sopraggiungere.Giunia con seguito si nasconde dietro la tomba di Mario. Ecco Giunia, con seguito di donzelle e nobili: evidentemente congiurati e di parte mariana, tutti invocano le ombre dei caduti contro il tiranno, che il giorno stesso sarà rovesciato dal Campidoglio. Poi Giunia si rivolge al padre e chiama lo sposo che, quando il coro esce, viene avanti e si fa riconoscere nello stupore di lei che dapprima non crede ai suoi occhi: ma i due sposi si prendono per mano e dichiarandosi amore piangono di gioia.
ATTO SECONDO
Sotto un portico adorno di trofei militari, Aufidio consiglia a Silla di presentare Giunia come sua sposa ufficiale al popolo e al Senato, in modo che lei non possa contraddirlo, e al dittatore, che accetta ma accampa anche un vivo senso di rimorso per le violenze compiute, risponde che non è tempo di ripensamenti, quindi s’allontana. Silla comunica il piano a Celia, cui promette inoltre la mano dell’amato Cinna ma in verità non sta in pace con se Stesso. Partiti loro, ecco Cinna che trattiene Cecilio, armato e alla ricerca disperata di Silla. All’amico che sta preparando la riscossa Cecilio narra un sogno appena fatto presso la tomba di Mario, donde usciva un teschio minaccioso e pretendente vendetta, e rispondendogli Cinna che la vita di Giunia dipende da quella dello sposo, calma l’ansia e decide di agire. Solo, Cinna pensa di affrettare la congiura; ma viene fermato da Celia che con grande imbarazzo e timidezza gli rivela il suo amore e poi esce. Di nuovo solo Cinna si dice estraneo alla debolezza dell’amore e poi s’incontra con Giunia che gli chiede il motivo della decisione di Silla: a lei risponde consigliandole di sposare Silla e poi di ucciderlo sul letto coniugale, ma la fiera donna sa che Roma ha sempre conquistato la libertà con ben altri mezzi e rifiuta, trepidando solo per l’amato sposo. Esce e Cinna non può che accelerare la vendetta organizzandola proprio per il momento dell’annuncio pubblico. Nei giardini pensili. Aufidio dice a Silla che tutto è pronto, e il tiranno è veramente deciso a tutto, anche a nuove violenze contro la città. Poi vede Giunia, che prima cerca di evitarlo e poi gli rinnova tutto il suo odio mortale, e contro la sua ostinata resistenza minaccia terribilmente quindi esce. Ma Giunia è spaventata perché vede venir Cecilio: con fatica, raccomandando la sua sorte agli dèi, riesce comunque ad allontanarlo. Giunia ascolta Celia, che la invita al buonsenso e comunica il suo matrimonio con Cinna, e poi, rimasta sola, prende una drammatica decisione: chiedere al Senato la grazia per Cecilio. O affidarla al cielo o morire se il cielo vuole che muoia lo sposo. Sul Campidoglio, il coro inneggia al vincitore dei nemici che s’appresta all’ amore, mentre avanzano Silla, Aufidio, senatori, popolo e milizia. Comparsa Giunia, Silla ricorda le contese con Mario, presenta il marimonio con Giunia come una prova di pace, crede di vedere il consenso dei senatori; s’accosta a Giunia, che però lo respinge e fa l’atto di uccidersi. Quando poi irrompe Cecilio con la spada in mano, gridando al tradimento Silla comanda di arrestarlo e di giustiziarlo l’indomani stesso. Ecco anche Cinna, armato, che però riesce a giustificarsi e anzi riparte, per ordine di Silla, a cercare eventuali altri congiurati. Poi il tiranno inveisce contro Cecìlio, che Giunia convince a deporre la spada, e infine ordina che i due vengano impnigionati. Ma mentre lui minaccia, i due si dichiarano pronti a morire lietamente insieme.
ATTO TERZO
Nell'atrio che introduce alle carceri Cinna racconta a Cecilio incatenato come abbia potuto fermare la congiura. Giunge poi Celia, che Cinna invita ad andare a prospettare a Silla l’imminenza della punizione: la fanciulla accetta perché spera così di salvare il fratello e di guadagnarsi l’amore di Cinna. Ma Cecilio teme per Giunia, che affida all’amicizia, e Cinna freme contro la tirannide. Solo, Cecilio vede inoltrarsi Giunia che vuole morire accanto a lui, ma Aufidio con le guardie sopraggiunge a chiamare il prigioniero, che dopo un’altra dichiarazione d’amore obbedisce e parte. Rimane sola Giunia, ora, che inorridisce del silenzio del luogo, crede di sentire la voce, di vedere l’immagine dello sposo morente, e ha in animo di seguirlo anche nella morte. In un salone, davanti aI Senato e al popolo Silla parla a Cinna e a Celia di giustizia, ma nel petto sente agitarsi molti sentimenti opposti e in fondo ha deciso di meritare appieno l’alloro che gli cinge il capo: Giunia lo raggiunge e inveisce vigorosamente contro di lui, chiedendo pietà al popolo e al Senato, ma Silla la calma e le chiede soltanto di aspettare. Aufidio e le guardie portano Cecilio, che Silla presenta a tutti come un proscritto condannato ma non supplice vile e infine avvicina decorosarnente alla sua sposa Giunia. Inoltre decreta la revoca della proscrizione. Vedendo lo smarrimento di Cinna e conosciutane la ragione, lo assolve concedendogli la mano di Celia, perdona anche Aufidio che confessa d’averlo sempre istigato alla violenza, Infine rinuncia alla dittatura. Il coro e tutti i presenti inneggiano a Lucio Silla, a Roma, alla virtù e alla pietà.
A Roma (l’anno 79 a.C.): un solitario recinto di alberi presso il Tevere, con rovine di palazzi e in lontananza il Quirinale. Cecilio, giovane senatore proscritto e tornato in gran segreto, aspetta l’amico Lucio Cinna, patrizio nemico occulto del dittatore Silla, e da lui che sopraggiunge apprende come Silla abbia deciso di sposare Giunia, moglie del proscritto di cui è stata diffusa la falsa notizia de1la morte. Cecilio inorridisce e accetta il consiglio dell’amico, di cercare di incontrare la moglie presso la tomba del padre. Quindi Cinna lo esorta a combattere con lui per la libertà dì Roma. Solo, Cecilio non vede l’ora di riabbracciare Gìunia. Negli appartamenti del palazzo di Silla destinati a Giunia, adorni delle statue delle grandi donne romane. Alla presenza delle guardie, il dittatore Lucio Silla parla dell’amata Giunia con sua sorella Celia, innamorata di Cinna, e col tribuno Aufidio ricevendo consigli di violenza dall’uno ma inviti alla mitezza dall’altra che promette di intercedere per lui e poi esce. Aufidio partecipa mellifluamente alla costernazione di Silla, che vedendo venire Giunia allontana il tribuno. Alla donna il tiranno chiede la ragione di un comportamento sempre luttuoso e ostile, e lei risponde di odiare un empio come lui, amando sempre quel morto Cecilio che il padre Mario le aveva scelto come marito. Silla si sdegna, ma Giunia si concentra e rivolgendosi al padre e al marito scomparsi, chiede che vengano a prendere anche lei prossima a morire e annuncia a Silla l’orrore del rimorso. Uscita Gìunia, Silla si sente combattuto fra l’amore e il desiderio di vendetta, e comunque avverte che ogni suo senso sfocia nel furore. In un magnifico atrio piuttosto scuro che porta alle tombe sotterranee deg1i eroi romani, Cecilio contempla gli effetti della morte, e vedendo sopraggiungere.Giunia con seguito si nasconde dietro la tomba di Mario. Ecco Giunia, con seguito di donzelle e nobili: evidentemente congiurati e di parte mariana, tutti invocano le ombre dei caduti contro il tiranno, che il giorno stesso sarà rovesciato dal Campidoglio. Poi Giunia si rivolge al padre e chiama lo sposo che, quando il coro esce, viene avanti e si fa riconoscere nello stupore di lei che dapprima non crede ai suoi occhi: ma i due sposi si prendono per mano e dichiarandosi amore piangono di gioia.
ATTO SECONDO
Sotto un portico adorno di trofei militari, Aufidio consiglia a Silla di presentare Giunia come sua sposa ufficiale al popolo e al Senato, in modo che lei non possa contraddirlo, e al dittatore, che accetta ma accampa anche un vivo senso di rimorso per le violenze compiute, risponde che non è tempo di ripensamenti, quindi s’allontana. Silla comunica il piano a Celia, cui promette inoltre la mano dell’amato Cinna ma in verità non sta in pace con se Stesso. Partiti loro, ecco Cinna che trattiene Cecilio, armato e alla ricerca disperata di Silla. All’amico che sta preparando la riscossa Cecilio narra un sogno appena fatto presso la tomba di Mario, donde usciva un teschio minaccioso e pretendente vendetta, e rispondendogli Cinna che la vita di Giunia dipende da quella dello sposo, calma l’ansia e decide di agire. Solo, Cinna pensa di affrettare la congiura; ma viene fermato da Celia che con grande imbarazzo e timidezza gli rivela il suo amore e poi esce. Di nuovo solo Cinna si dice estraneo alla debolezza dell’amore e poi s’incontra con Giunia che gli chiede il motivo della decisione di Silla: a lei risponde consigliandole di sposare Silla e poi di ucciderlo sul letto coniugale, ma la fiera donna sa che Roma ha sempre conquistato la libertà con ben altri mezzi e rifiuta, trepidando solo per l’amato sposo. Esce e Cinna non può che accelerare la vendetta organizzandola proprio per il momento dell’annuncio pubblico. Nei giardini pensili. Aufidio dice a Silla che tutto è pronto, e il tiranno è veramente deciso a tutto, anche a nuove violenze contro la città. Poi vede Giunia, che prima cerca di evitarlo e poi gli rinnova tutto il suo odio mortale, e contro la sua ostinata resistenza minaccia terribilmente quindi esce. Ma Giunia è spaventata perché vede venir Cecilio: con fatica, raccomandando la sua sorte agli dèi, riesce comunque ad allontanarlo. Giunia ascolta Celia, che la invita al buonsenso e comunica il suo matrimonio con Cinna, e poi, rimasta sola, prende una drammatica decisione: chiedere al Senato la grazia per Cecilio. O affidarla al cielo o morire se il cielo vuole che muoia lo sposo. Sul Campidoglio, il coro inneggia al vincitore dei nemici che s’appresta all’ amore, mentre avanzano Silla, Aufidio, senatori, popolo e milizia. Comparsa Giunia, Silla ricorda le contese con Mario, presenta il marimonio con Giunia come una prova di pace, crede di vedere il consenso dei senatori; s’accosta a Giunia, che però lo respinge e fa l’atto di uccidersi. Quando poi irrompe Cecilio con la spada in mano, gridando al tradimento Silla comanda di arrestarlo e di giustiziarlo l’indomani stesso. Ecco anche Cinna, armato, che però riesce a giustificarsi e anzi riparte, per ordine di Silla, a cercare eventuali altri congiurati. Poi il tiranno inveisce contro Cecìlio, che Giunia convince a deporre la spada, e infine ordina che i due vengano impnigionati. Ma mentre lui minaccia, i due si dichiarano pronti a morire lietamente insieme.
ATTO TERZO
Nell'atrio che introduce alle carceri Cinna racconta a Cecilio incatenato come abbia potuto fermare la congiura. Giunge poi Celia, che Cinna invita ad andare a prospettare a Silla l’imminenza della punizione: la fanciulla accetta perché spera così di salvare il fratello e di guadagnarsi l’amore di Cinna. Ma Cecilio teme per Giunia, che affida all’amicizia, e Cinna freme contro la tirannide. Solo, Cecilio vede inoltrarsi Giunia che vuole morire accanto a lui, ma Aufidio con le guardie sopraggiunge a chiamare il prigioniero, che dopo un’altra dichiarazione d’amore obbedisce e parte. Rimane sola Giunia, ora, che inorridisce del silenzio del luogo, crede di sentire la voce, di vedere l’immagine dello sposo morente, e ha in animo di seguirlo anche nella morte. In un salone, davanti aI Senato e al popolo Silla parla a Cinna e a Celia di giustizia, ma nel petto sente agitarsi molti sentimenti opposti e in fondo ha deciso di meritare appieno l’alloro che gli cinge il capo: Giunia lo raggiunge e inveisce vigorosamente contro di lui, chiedendo pietà al popolo e al Senato, ma Silla la calma e le chiede soltanto di aspettare. Aufidio e le guardie portano Cecilio, che Silla presenta a tutti come un proscritto condannato ma non supplice vile e infine avvicina decorosarnente alla sua sposa Giunia. Inoltre decreta la revoca della proscrizione. Vedendo lo smarrimento di Cinna e conosciutane la ragione, lo assolve concedendogli la mano di Celia, perdona anche Aufidio che confessa d’averlo sempre istigato alla violenza, Infine rinuncia alla dittatura. Il coro e tutti i presenti inneggiano a Lucio Silla, a Roma, alla virtù e alla pietà.
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